Sentenza della Corte (Grande sezione) del 18 ottobre 2011, causa C-34/10, Oliver Brüstle contro Greenpeace eV.

“30 Quanto al significato da attribuire alla nozione di «embrione umano» prevista all’art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva, si deve sottolineare che, sebbene la definizione dell’embrione umano costituisca un tema sociale particolarmente delicato in numerosi Stati membri, contrassegnato dalla diversità dei loro valori e delle loro tradizioni, la Corte non è chiamata, con il presente rinvio pregiudiziale, ad affrontare questioni di natura medica o etica, ma deve limitarsi ad un’interpretazione giuridica delle pertinenti disposizioni della direttiva (v., in tal senso, sentenza 26 febbraio 2008, causa C?506/06, Mayr, Racc. pag. I?1017, punto 38).

[…]

34 Il contesto e lo scopo della direttiva rivelano […] che il legislatore dell’Unione ha inteso escludere qualsiasi possibilità di ottenere un brevetto quando il rispetto dovuto alla dignità umana può esserne pregiudicato. Da ciò risulta che la nozione di «embrione umano» ai sensi dell’art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva deve essere intesa in senso ampio.

[…]

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1) L’art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 luglio 1998, 98/44/CE, sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, deve essere interpretato nel senso che:
– costituisce un «embrione umano» qualunque ovulo umano fin dalla fecondazione, qualunque ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura e qualunque ovulo umano non fecondato che, attraverso partenogenesi, sia stato indotto a dividersi e a svilupparsi;
– spetta al giudice nazionale stabilire, in considerazione degli sviluppi della scienza, se una cellula staminale ricavata da un embrione umano nello stadio di blastocisti costituisca un «embrione umano» ai sensi dell’art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva 98/44.

2) L’esclusione dalla brevettabilità relativa all’utilizzazione di embrioni umani a fini industriali o commerciali enunciata all’art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva 98/44 riguarda altresì l’utilizzazione a fini di ricerca scientifica, mentre solo l’utilizzazione per finalità terapeutiche o diagnostiche che si applichi all’embrione umano e sia utile a quest’ultimo può essere oggetto di un brevetto.

3) L’art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva 98/44 esclude la brevettabilità di un’invenzione qualora l’insegnamento tecnico oggetto della domanda di brevetto richieda la previa distruzione di embrioni umani o la loro utilizzazione come materiale di partenza, indipendentemente dallo stadio in cui esse hanno luogo e anche qualora la descrizione dell’insegnamento tecnico oggetto di rivendicazione non menzioni l’utilizzazione di embrioni umani.